Analisi Bioenergetica

Il Bambino Deprivato e il Carattere Orale

Scritto da Cristiana Gallo

“Volenti o nolenti l’abbandono ci introduce, dal primo momento in cui lo subiamo, in una terra desolata che non conoscevamo, ci fa ascoltare un timbro inedito della disperazione e della fatica dell’esistere e del desiderare.”

Emanuele Trevi

All’origine del carattere orale e della sua struttura difensiva si verifica la deprivazione da parte della madre a creare, nel bambino, il senso dell’abbandono. Di conseguenza, si instaura la paura del vuoto e della solitudine conseguenti all’abbandono, che tengono la personalità dell’individuo in uno stato di dipendenza.

Nelle dinamiche madre-bambino favorenti la formazione del carattere orale è essenziale comprendere che si tratta di una relazione dove il bambino ha inizialmente avuto un contatto positivo con la madre per poi perderlo o a fronte di sua morte o malattia o per motivi lavorativi o a fronte di sua forte ambivalenza, etc.

Ciò su cui la persona con caratteristiche orali si è fermato è lo stato di totale dipendenza dalla madre.

Il mondo di tutti i bambini riguarda e comprende le immediate vicinanze della bocca e, nelle fasi iniziali della vita, non c’è distinzione tra sé e l’altro, così il bambino si sente il sovrano degli oggetti che con la bocca contatta, in primo luogo egli si sente il sovrano del seno della madre.

L’Io dell’orale è un Io infantile che vuole prendere dall’altro e nel far ciò lo assorbe, non è possibile per lui porsi in una relazione, da adulto, che abbia una dinamica in cui può dare all’altro e prendere dall’altro allo stesso tempo.

Questo è il focus su cui si fonda la dinamica oscillatoria tra depressione ed esaltazione a cui l’orale è sottoposto.

L’adulto con questo Carattere conserva un Io infantile che è alla ricerca di soddisfazioni narcisistiche e che fa si che la persona attraversi momenti di euforia in cui si sente speciale, esattamente come il bambino, che nelle sue prime fasi di vita si sentiva il sovrano del suo mondo dove non c’era distinzione tra se stesso e l’oggetto che con la bocca faceva proprio; con questa modalità egli cerca e tenta di affermare la fiducia in sé.

Il rischio di depressione si instaura sul fallimento di tale modalità di affermarsi, poiché l’energia nelle fasi euforiche sale verso la testa e la bocca, non potendo utilizzare la funzione genitale né potendo utilizzare le braccia, parti del corpo in cui l’energia non fluisce a causa dei blocchi tipici della struttura orale.

L’impossibilità di protendersi verso il mondo in modo appropriato predispone al riperpetuarsi del circuito di delusioni e di senso di solitudine, quindi dello stato depressivo.

La fase di euforia del Carattere orale rappresenta l’opposto polare della fase depressiva, esprimendosi attraverso eccitazione, energia, autoaffermazione e grandiosità.

L’organizzazione di base è sempre depressiva e periodicamente, quando fallisce la difesa del diniego, che si esprime nella tendenza ad ignorare eventi che metterebbero in allarme chiunque e l’acting out, che si esprime prevalentemente nella fuga o attraverso la rabbia che può esprimersi in episodi incontrollabili, la persona cede alla depressione.

La paura sotterranea all’euforia è che se si smette di muoversi si può crollare e, se qualche perdita diventa troppo dolorosa e la fortezza di difese dietro alla quale ci si è barricati a nulla più vale, improvvisamente si possono verificare tentativi di suicidio e comportamenti psicotici.

Laddove l’illusione della fase euforica crolla di fronte alla realtà si ha una reazione depressiva e la predisposizione a questa reazione è dovuta al fatto che nel passato della persona si sono verificati traumi relativi alla perdita dell’oggetto d’amore.

Nella depressione dell’adulto si riattivano i sentimenti di perdita infantile. Tale perdita si riferisce sia all’oggetto d’amore (la madre), sia alla risposta istintiva che viene repressa al momento della perdita che è rabbiosa nei confronti della madre, ossia si verifica un indebolimento energetico.

Raramente queste persone da adulte provano rabbia spontanea e non conflittuale, anzi solitamente si sentono colpevoli e si accusano in prima persona.

Ciò dipende dal fatto che tra le difese più utilizzate dai depressi c’è  l’introiezione, si tratta di un’introiezione inconscia delle parti più odiose dell’oggetto d’amore perduto: il bambino che ha provato ostilità per un precoce abbandono, proietterà tale ostilità sull’oggetto d’amore che lo ha abbandonato, immaginando che questi sia arrabbiato o offeso con lui, ma dato che l’immagine di un genitore arrabbiato è troppo dolorosa da sopportare e mina la speranza di un ricongiungimento affettuoso, questa verrà allontanata dalla coscienza e vissuta come parte cattiva di sé.

Tali dinamiche, tipiche di chi soffre la condizione depressiva, creano quel sentimento diffuso di essere cattivo, di aver allontanato persone affettuose e di doversi impegnare affinché la propria malvagità non provochi altri abbandoni.

Un’altra difesa, comunemente osservata nei depressi, è il rivolgimento conto il Sé, meccanismo meno arcaico che consente la riduzione dell’angoscia di separazione, poiché se si è convinti che l’abbandono sia provocato dalla propria rabbia ci si sente più sicuri rivolgendola contro la propria persona e inoltre, consente di preservare un senso di potere attraverso la convinzione che la cattiveria sia una propria  caratteristica  e  che  questa,  rivolta  contro  se  stessi, possa cambiare la situazione. I depressi preferiscono subire qualunque tipo di sofferenza piuttosto che sentirsi impotenti.

Il riperpetuarsi di tali meccanismi è inevitabili quando le persone sperano che i propri desideri siano riconosciuti e appagati senza doverlo chiedere, perché considerano che ciò gli sia dovuto e questo è tipico del Carattere orale.

In realtà questo non chiedere dell’orale può anche non configurarsi in un atteggiamento passivo poiché, in maniera sotterranea e distorta, la richiesta affettiva in termini di risarcimento, arriva all’altro costantemente.

Si tratta di un meccanismo inconsapevole che viene messo in atto mirando, paradossalmente, a riaprire l’antica ferita, poiché se non si affronta consapevolmente quel dolore in un processo di crescita, lo stesso si ripresenta cambiando magari nell’immagine ma non nella sostanza.

Rivivere il dramma del vuoto, dell’abbandono e della deprivazione, potendo comprenderlo ed accettarlo, è la prospettiva di un possibile miglioramento ed è nello stesso tempo la fonte delle paure.

Tuttavia non ha alcuna importanza quanto l’altro che si relazione all’adulto orale sia attento, affettivo, premuroso, presente, etc., poiché nessuno è in grado di riempire un vuoto che era colmabile solo all’epoca in cui si è generato e dalla persona che lo ha creato, ossia la madre.

Il bambino a cui è stato negato il “diritto di avere bisogno” subisce l’abbandono, il senso di vuoto e la deprivazione che ne consegue. L’adulto che nel suo passato ha subito tale negazione vedrà riproporsi nella sua vita l’abbandono continuando a sentirsi solo, svuotato e abbandonato.

Ciò dipende anche dal fatto che il Carattere orale tende ad idealizzare l’altro come qualcuno che può colmare i suoi vuoti, ciò si esprime in eccessiva considerazione per gli altri, con conseguente svalutazione di sé nel confronto, ulteriore ricerca di oggetti idealizzabili per compensare l’inferiorità, ulteriore senso d’inferiorità e così via senza fine.

Autore

Cristiana Gallo

Psicologa iscritta all’Albo degli Psicologi del Lazio con il numero 15468. Psicoterapeuta ed Analista Bioenergetica specializzata in Psicoterapia Individuale e di Gruppo. Grafologa.
Conduttrice di Esercizi di Bioenergetica e Insegnante Yoga.