Psicologia

Accade così che si Viene al Mondo

Scritto da Cristiana Gallo

“Chi non è impegnato a nascere è impegnato a morire.” – Bob Dylan

Nella vita di ogni individuo esiste un evento indelebile eppure dimenticato, un evento che rimane impresso in ogni cellula del corpo tuttavia dalla memoria cognitiva cancellato ed apparentemente perduto.

È l’esperienza del nascere, meravigliosa e terribile venuta al mondo di ogni uomo che è stato bimbo e che come tale ha vissuto la contraddizione di essere spinto fuori dalla pancia della madre attraverso le contrazioni e, nello stesso tempo, di trovare come ostacolo lo stretto passaggio dell’utero.

In tale contraddizione c’è la vita che formalmente si appresta a nascere e che in se porta quella che va a finire, detta intrauterina, significando già un po’ di morte poiché in ciò è la radice della prima esperienza umana di separazione.

Come natura prevede, naturalmente l’evento della nascita non viene ricordato. La natura è perfetta e sa che la psiche nuova di un bambino non può contenere la memoria di un tale evento, pena il deficit cognitivo o la follia. Di fatto il parto è un trauma.

Così, la memoria del nascituro viene cancellata, ad opera dello stesso ormone che produce le contrazioni durante il travaglio e il parto nonché dare il via alla lattazione: l’ossitocina.

Anche se può apparire strano, pur avendo noi tutti fatto quell’esperienza, possiamo solo provare ad immaginarla e quindi, pensare la potenza dell’esperienza che fa un bambino passando da una condizione, dopo nove mesi di permanenza nella pancia della madre, familiare ad una di totale estraneità.  

Tale passaggio avviene in modo traumatico perché le contrazioni, durante un travaglio che può durare molte ore, esercitando sul bambino un’enorme pressione; si pensi che da studi radiologici e stato dimostrato che ad ogni contrazione gli arti del bambino si contorcono come in un’agonia.

Inoltre, nella fase iniziale del travaglio, alle contrazioni non corrisponde una dilatazione vaginale, a rendere l’idea di una trappola nella quale ad intervalli, via via più frequenti, al bambino manca l’afflusso di sangue e quindi di ossigeno che fino a quel momento gli aveva garantito la sopravvivenza.

Quando poi la dilatazione dell’utero si compie, al bambino è permessa la discesa lungo il canale pelvico-genitale. Egli compie tale discesa con la fragilissima testa stressata da forti pressioni meccaniche.

Accade così che si viene al mondo, passando dal caldo al freddo, dalle luci soffuse alle luci non più filtrate dal corpo della madre, dai suoni attutiti a quelli vividi e diretti; passando dalla fusione del battito doppio di due cuori al distacco, circondati da terzi (infermieri, medici, ostetrici) che controllano, ispezionano, lavano il corpo.

E il corpo porterà in sé per il resto della vita la memoria complessa dello straordinario evento del nascere e morire insieme sia nei suoi aspetti piacevoli-sessuali che in quelli paurosi-dolorosi e, dinanzi alle esperienze della vita adulta, riattiverà inconsciamente le antiche sensazioni.

Foto di Steve McCurry

Autore

Cristiana Gallo

Psicologa iscritta all’Albo degli Psicologi del Lazio con il numero 15468. Psicoterapeuta ed Analista Bioenergetica specializzata in Psicoterapia Individuale e di Gruppo. Grafologa.
Conduttrice di Esercizi di Bioenergetica e Insegnante Yoga.